L’Arsenale di Venezia era il cuore pulsante della Repubblica Serenissima che basava i suoi successi sulla potenza navale e sui commerci. Le navi venivano costruite a Castello, all’Arsenale, completamente circondato da mura alte in modo che nessuno potesse spiare all’interno. Il nome “Arsenale”, diversamente da quel che si può pensare, deriva da “arsene” che erano gli squeri dove si costruivano le imbarcazioni.
Pensate che la superficie dell’Arsenale era, ed è, circa un decimo di quella della città di Venezia perché oltre all’Arsenale c’erano pure squeri sparsi in città (uno di questi, il primo e più importante, era ai Giardini reali); da questo si capisce l’importanza che veniva data alla costruzione delle navi.
Immaginate per un attimo di tornare all’epoca della Serenissima, alla fine del 1500, e di passeggiare per la riva degli Schiavoni. La riva era sovraffollata di gente perché era l’imbarco per il mitico Oriente, per la via della seta; il canale d’uscita dell’Arsenale era un continuo vociare dei marinai e delle navi che uscivano pronte a salpare, nuove di zecca, molte per commerci ma anche per fronteggiare il nemico… che allora era costituito dai Turchi. Pensate che ai tempi della battaglia di Lepanto si riuscivano ad armare anche venti galere al giorno! Immaginate che trambusto! Si dice che a regime ci lavorassero tremilaottocento uomini in ottanta cantieri aperti!!! Anche questa è un’immagine indescrivibile.
L’Arsenale era completamente autonomo: oltre alle navi venivano create le vele, le gomene e tutto quanto poteva servire ad armarle. Pensate al formicolare di tagliatori, squadratori, lattonieri, stagnini, fabbri, fonditori, muratori, pompieri, falegnami, calafati, cordai. L’andirivieni di armaioli, maestri d’ascia, tessitrici di vele e filatrici di canapa, magazzinieri, fornai per la produzione del “biscotto”. Dentro l’arsenale c’erano dei forni enormi per sfamare non solo gli operai ma anche per caricare le dispense sulle navi pronte a partire. Una città dentro la città, tutti i mestieri erano presenti.
Immaginatevi ora a camminare dentro i padiglioni (ancora oggi visitabili entrando dai bacini o dalla biennale) dove si assemblavano le galeazze, le galere da trasporto… immaginate la fatica degli uomini a caricare i cannoni, l’odore del legno, della pece, del sudore degli uomini.
L’Arsenale di Venezia era il pulsare della città, senza di esso Venezia non sarebbe diventata un impero. L’arsenale dava lavoro non solo a Venezia ma anche a tutto il territorio in terra ferma. Pensate al legno che veniva utilizzato per costruire le navi! Arrivava in laguna via acqua. Tronchi di faggio, abete, rovere, larice trascinati dai battellieri fin dal Cadore, dal Cansiglio, dal Montello ma, si dice, anche da Istria e Dalmazia.
Pensate all’organizzazione che c’era dietro, alle menti che gestivano queste enormi quantità di materiale; pensate però ai mezzi di allora (non c’era Internet, computer o cellulari per gli ordini). Capacità gestionali incredibili! Tutto gestito ovviamente con ferrea disciplina perché la Serenissima non si poteva permettere che la macchina si inceppasse. Non ci si potevano permettere ruberie: ai ladri venivano tagliate le mani, si bruciava un occhio a chi non sorvegliava con dovere, si impiccavano gli imbroglioni. Tutto veniva registrato e scritto nelle lapidi ai muri del cantiere con data, reato e sentenza… come monito. Metodi duri che oggi fanno inorridire. Ma la macchina doveva funzionare.
Il luogo vale la pena di essere visitato e, grazie a recenti restauri, compresa la torre dell’Arsenale, è anche molto ben conservato. L’attuale “Darsena Grande” un tempo era divisa in due darsene più piccole (come si vede dall’immagine) per avere più spazio dove costruire le galee.
L’accesso alla darsena non è così semplice e diretto: si accede o entrando dalla Biennale visitandola, o dalla fermata Bacini cercando di entrare dal varco pubblico in cui c’è un bar e una piccola mostra fotografica sulla storia dell’Arsenale.
L’imponenza e le dimensioni sono ancora oggi incredibili.