Essere cortigiana nel XVI sec a Venezia significava sottrarsi all’alternativa sposarsi o andare monaca: allora entrambe potevano essere due gabbie!
Non era la Venezia del Settecento, libertina e priva di inibizioni. La città di due secoli prima, invece, aveva una doppia morale e le donne di buona reputazione erano praticamente segregate. Una ragazza da marito usciva di casa per andare a messa. Usciva velata in modo che non si vedesse il viso e accompagnata dai maschi di casa (vi ricorda qualcosa? Non vi ricorda temi attuali?). E anche una volta sposate, «i signori tappano le loro donne tra le pareti domestiche come polli nella stia», scriveva il Croyat. Quindi non ingannatevi se vedete i quadri di allora con donne che mostrano scollature vertiginose, quella era solo la moda. Ma, a parte le usanze familiari, la Venezia della Serenissima era una Repubblica dalle larghe vedute e non ostacolava le cortigiane, anzi.
Fare la cortigiana significava prima di tutto poter disporre liberamente di sé, del proprio corpo e del proprio tempo, leggere e studiare, tutte cose negate anche alle gentildonne di rango più elevato. L’universo femminile veneziano era sdoppiato: da un lato le donne tappate in casa o in monastero, da un altro quelle che avevano visibilità e una maggior dose di libertà, ovvero le cortigiane. Gli uomini facoltosi amavano stare con le cortigiane, non solo per le doti amatorie ma anche perché le cortigiane, che erano donne colte, conoscevano più lingue e suonavano gli strumenti musicali erano quindi una piacevole compagnia….ma questa è un’altra storia che vi racconterò al prossimo post 😉. Non so voi, ma a me le cortigiane stanno proprio simpatiche!!